Premio Franco Quadri 2015

Heiner Goebbels

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Motivazione

Compositore, regista e pensatore tedesco non inquadrabile in categorie predefinite, è autore di un linguaggio artistico e curatoriale attraversato da forte tensione politica. Il lavoro di decostruzione di convenzioni teatrali, musicali e visuali – che ha raggiunto gli apici in Surrogate Cities, Stifters Dinge, e nelle recenti produzioni Delusion of the Fury e De Materie – testimonia l’urgenza di un profondo dialogo tra diverse discipline. Fortemente impegnato a far avanzare le condizioni per l’istruzione delle arti performative, ha contribuito ad alimentare il dibattito teorico internazionale sull’educazione artistica attraverso un’ininterrotta attività di ricerca scientifica che lo vede coinvolto in diverse prestigiose esperienze accademiche europee.

Attento alle pratiche curatoriali come potenzialità di ripensare i processi di interazione umana, con la direzione artistica della Ruhrtriennale (2012-2014) ha dato vita a un laboratorio sperimentale svincolato dall’idea di repertorio, occasione per ripensare i rapporti tra le diverse forme espressive dell’arte dal vivo – dalla danza all’opera contemporanea – attraverso intensi dialoghi con i maggiori interpreti della scena internazionale e con artisti emergenti, realizzando un’azione di scouting che lo distingue nel panorama della sua generazione. Nel riconoscimento del rigore di una vita spesa per l’avanzamento del teatro sul piano della ricerca pratica e teorica, il Premio Franco Quadri vuole sottolineare la forza esemplificativa di una figura che ha contribuito a cambiare il modo di concepire il rapporto tra teatro e musica nella nostra epoca, estendendo la conoscenza dell’arte alla vita pubblica.”

Heiner Goebbels ha ricevuto il premio il 30 novembre 2015, nel corso della cerimonia per i Premi Ubu, al Piccolo Teatro Grassi di Milano – dalle mani dell’artista Giorgio Andreotta Calò che ha creato appositamente un’opera ispirata alla figura di Franco Quadri (per la scultura di Giorgio Andreotta Calò si ringrazia la Fonderia Battaglia di Milano che ne ha curato la fusione in bronzo).

Nel pomeriggio dello stesso giorno, il regista ha tenuto un incontro-conversazione presso la NABA di Milano (Nuova accademia di belle arti), a cura di Francesco Bernardelli e Piersandra Di Matteo, dal titolo The Drama of Perception.

 

Compositore e direttore tedesco, classe 1952, ha creato una particolare forma di teatro musicale, estendendo la produzione al radio-dramma, alla musica per il cinema e alle composizioni per ensemble e grandi orchestre (Surrogate Cities). Come compositore ha collaborato con le migliori orchestre internazionali, presentando le sue creazioni nei più importanti festival in Europa, Sud e Nord America, Australia e Asia. Dall’inizio degli anni Novanta ha composto e diretto musica per il teatro, tra cui ricordiamo: Black on White (1996), Max Black (1998), Eislermaterial (1998), Hashirigaki (2000), Landscape with distant relatives (2002), Eraritjaritjaka (2004), Stifters Dinge (2007), Songs of Wars I have Seen (2007), I Went to the House but Did not Enter (2008), When the Mountain Changed Its Clothing (2012). Ricordiamo inoltre i lavori di installazione per il Centre Pompidou di Parigi, il MAC di Lione o per Documenta a Kassel. Heiner Goebbels è inoltre professore all’Institute for Applied Theatre Studies presso l’Università Justus Liebig di Giessen e presidente del Teatro Academy di Hessen.

 

IL PREMIO: IL PALINDROMO-DIAPASON
Giorgio Andreotta Calò racconta genesi e realizzazione della sua Opera per il Premio Franco Quadri presso la Fonderia Battaglia di Milano

Quando ho ricevuto la telefonata di Luigi De Angelis ero a Rabka, in Polonia. Mi chiamò per chiedermi di realizzare il Premio Franco Quadri. La chiamata è arrivata nel mezzo di una situazione surreale. Era sera, mi trovavo in macchina in una strada di campagna. L’automobile era ferma con i fanali accesi davanti a una nana completamente ubriaca che bloccava il passaggio. Ero seduto dietro e vedevo solo la fronte alta della piccola donna che spuntava dal cofano. Poi è caduta la linea.

La mattina seguente, in un giardino, pulivo le radici di un albero di pino abbattuto da un fulmine. Le radici erano piene di terra e volevo ripulirle completamente per renderle visibili. Ci ho impiegato 3 giorni.

La notte del terzo giorno ho acceso un fuoco sotto le radici nella buca che si era creata dallo scavo e la struttura delle radici si leggeva in contro luce come i raggi di un sole nero. Dalle radici del pino ho staccato un rametto biforcuto e l’ho portato con me in Italia.

Avevo letto la storia di Ubu Re, che in parte è idealmente ambientata in Polonia.

Nel realizzare l’opera mi è stato chiesto di riferirmi allo sguardo di Franco Quadri. E ho pensato allo sguardo come capacità del vedere oltre, del sentire più che del guardare. Quel rametto l’ho staccato perché mi ricordava una bacchetta da rabdomante, il cercatore d’acqua e metalli preziosi, quell’antica pratica divinatoria che non ha alcuna valenza scientifica ha a che fare con l’intuizione.

Una volta a Milano, ho portato il ramo in fonderia Battaglia. Ne abbiamo fatto un calco e poi delle repliche identiche in cera. Ho staccato da una cera la diramazione destra della radice e da un’altra la diramazione sinistra per ottenere un rametto che avesse le due diramazioni identiche e speculari.

Ho fatto fondere il modello in cera per ottenere una bacchetta in bronzo.

Alla lega di rame e stagno è stato aggiunto Manganese che ha dato al bronzo una colorazione argentea. Sui tre estremi del rametto in bronzo ho inciso le lettere U. B. U.

Ubu è un nome palindromo, può dunque essere letto in entrambi i versi senza cambiare significato e pronuncia. Così palindroma è anche la scultura: le sue diramazioni sono speculari.

L’opera è una bacchetta da rabdomante trasformata in metallo. Una sorta di alchimia che richiama il processo di ricerca e trasformazione. Ma è anche un oggetto musicale pensando alla figura di Heiner Goebbels a cui il Premio era destinato.

Quel ramo funge da diapason idealmente tarato sulla nota Re.

Sono stato felice di questo lavoro. Perché mi ha fatto entrare in contatto con un mondo, quello del teatro, solo tangente al mio. Alla fine il rametto potrebbe essere un oggetto di scena, lo stesso curioso scettro impugnato da Ubu Re nelle diverse interpretazioni che sono state date dell’opera di Alfred Jarry. Questa la storia dell’opera. Una sorta di cerchio magico. Un palindromo. Come se in realtà quest’oggetto avesse cercato e trovato me, e non il contrario.

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